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domenica 29 marzo 2020

INTERVISTA ALLA 4TH WALL PICTURES

INTERVISTA ALLA 4TH WALL PICTURES


Come nasce la 4th Wall?


Massimiliano Saltori - "Come succede spesso: assolutamente per caso. Eravamo tre amici con la passione per il cinema e circa nel 2014 abbiamo avuto l’idea di cimentarci nella realizzazione di un cortometraggio. Lo abbiamo scritto, diretto e montato. Da lì abbiamo iniziato a cercare gente che condividesse la nostra passione."

Stefano Bolognini - "In pratica, ci siamo trovati a fare cinema in un contesto di grandi cambiamenti tecnologici. Il digitale ha reso più accessibile gli strumenti necessari e la banda larga ha praticamente azzerato le distanze con il pubblico. Quello che serve per iniziare oggi è un camcorder di qualunque tipo e una connessione internet. Poi viene l’esperienza, ovviamente."


Siete padovani, siete un collettivo, una community, un festival. La vostra città ha offerto un contesto stimolante per realizzare questa vostra realtà?

Stefano - "Certamente. Padova è la città dove abbiamo studiato e dove viviamo. Valorizzare il territorio e promuovere ciò che la rende unica è sempre stato nelle nostre intenzioni."

Quale è stato il primo lavoro che avete realizzato?

Massimiliano - "Si chiamava Isolation; un cortometraggio di genere sci-fi pensato e realizzato nel 2014 e poi pubblicato nel 2015. Praticamente il progetto che ha sancito la nascita del nostro collettivo."

Stefano - "Quello che ci ha spinto a realizzarlo è stata la voglia di creare quel tipo di storie che non si vedevano mai nel panorama italiano. Di fantascienza ad esempio."

In che modo vi organizzate per reperire fondi e risorse per i vostri progetti e gli eventi che promuovete?

Stefano - "Finora i fondi e le risorse sono sempre stati divisi fra coloro che condividevano un interesse artistico nella realizzazione del progetto. Ovviamente, sia autori che produttori devono essere sempre d’accordo in merito alla realizzazione e alla pubblicazione del prodotto finale. Una volta chiusa la fase di post-produzione, l’opera viene diffusa attraverso eventi dal vivo e online."

Massimiliano - "Spesso le nostre premiere ufficiali avvengono in sale cinematografiche affittate per l’occasione. Dividiamo sempre i costi tra di noi, ma ne vale la pena. Questo è stato principalmente il modo in cui ci siamo fatti conoscere sul territorio padovano e veneto, finora. È buffo, ma nell’ambiente il termine specifico per questo tipo di premiere auto organizzate è proprio fourwall."

Stefano - "Oltre a questo abbiamo anche organizzato dei festival per coinvolgere altri artisti, veneti e non. Infatti, non ci occupiamo solo di produzioni, ma anche dell’organizzazione di festival e networking a livello locale. Lo scopo è rendere la popolazione consapevole dell’esistenza di queste produzioni indipendenti, ma anche coinvolgere i giovani professionisti che vogliono mettersi alla prova. Si crea un punto d’incontro con la scusa di questi eventi."

Per un genere come lo sci-fi, quali sono i prodotti e gli autori da cui traete ispirazione?

Stefano - "Ci sono moltissimi film e registi che ci piacciono. In sostanza siamo cresciuti guardando storie che parlavano di cyborg venuti dal futuro, viaggi nel tempo e alieni."

Massimiliano - "I classici, praticamente. Registi come Cameron e Spielberg o scrittori come Arthur C. Clarke, Michael Crichton, Philip K. Dick e Isaac Asimov. Si tratta però sempre di storie che raramente sono prese in considerazione qui da noi. Il cinema italiano sembra sempre preferire altri generi, come il dramma o la commedia. La fantascienza resta ancora oggi un genere fortemente americano."

Come produzione, che passi fate per portare avanti un progetto in cui credete?

Stefano - "La preproduzione è la fase più delicata ed importante. Tutto parte dal soggetto, ovvero da un’idea. Per mettere su carta una storia ci vogliono persone diverse che decidano di raccontare, attraverso il cinema, uno spaccato della propria realtà. Da un soggetto e una sceneggiatura costruita gradualmente, si passa poi a identificare gli attori e le location adatte. È il momento in cui viene anche fatta una stima dei costi e dei tempi necessari."

Massimiliano - "A questo segue la produzione vera e propria, ossia le riprese. Questa fase in genere non dura molto e viene concentrata in pochi giorni. Infine, c’è la postproduzione. Anche in questa fase, vengono coinvolte diverse persone. L’audio va raffinato, vanno create le musiche, montato il progetto vero e proprio e infine corretto il colore. Anche un semplice cortometraggio può portare via mesi."

Con il fantasy Carillon vi siete aggiudicati il 1° premio al PadovaCiak del 2018. Se doveste trasformarlo in un lungometraggio, arricchireste la narrazione con forti effetti visivi oppure adottereste un approccio più “evocativo”?

Massimiliano - "Quel corto è stato pensato per raccontare una storia in pochi minuti, quindi per poterne fare un lungometraggio andrebbe sviluppata la premessa iniziale. Quanto agli effetti speciali, la post produzione e molti software permettono di aggiungere particolari ed azioni che sarebbero impossibili da riprodurre nella realtà. Ci si potrebbe pensare, ma secondo noi gli effetti speciali devono essere funzionali alla trama e non preponderanti, altrimenti è un po’ un esercizio di stile. Prima viene la storia." 


Ci raccontate un aneddoto divertente di qualche vostra produzione/lavorazione?

Stefano - "Di aneddoti ce ne sono abbastanza per un libro! In genere, la cosa più interessante da registrare è che la gente non si aspetta mai il numero di persone che finiamo per portarci sul set. Quando abbiamo iniziato, ai tempi di Isolation, eravamo tipo in tre. Due recitavano e uno teneva la telecamera. Oggi arriviamo ad avere quindici, venti persone simultaneamente. Truccatori, cameraman, attori, addetti alle luci..."

Massimiliano - "Ma la gente non se lo aspetta! Quindi può capitare che qualcuno acconsenta a prestarci degli spazi per le riprese, per poi vedere arrivare tre o quattro auto cariche di gente e attrezzature. Glielo spieghi prima, ovviamente, ma in genere non ci credono fino a quando non lo vedono con i loro occhi. Si aspettano sempre due o tre persone con uno smartphone. È successo per le riprese di Eudaimonia. Lo abbiamo girato in un albergo alla periferia di Padova. Il gestore aveva decisamente sottovalutato il numero di persone coinvolte e la complessità delle riprese. Ma per fortuna è andata bene. È stato molto paziente e gentile, nonostante la sorpresa iniziale."

Stefano - "Un altra cosa interessante è il modo in cui le persone reagiscono alla presenza delle telecamere in luoghi pubblici. C'è gente che si ferma e resta a guardare incuriosita, senza dire nulla. Altre volte invece si avvicinano e attaccano bottone, facendo domande. Abbiamo girato in un cimitero una volta. Non hai idea della festa che ci hanno fatto i vecchietti presenti. Non volevano che ce ne andassimo più."

Massimiliano - "Non va sempre così, ovviamente."

Stefano - "No, infatti. Una volta, durante le riprese di Upstairs, un horror girato nel nostro vecchio appartamento, i vicini hanno minacciato di chiamare la polizia. Non perché stessimo facendo casino, ma per il genere. Non apprezzavano l'horror. Valli a capire."


Su cosa state lavorando attualmente?

Stefano - "Tra il 2018 e il 2019 ci siamo principalmente occupati di un’antologia composta da tre storie a tema comune: i Racconti di Sangue. Ora stiamo portando avanti lo sviluppo di alcune sceneggiature in modo da preparare il terreno per i prossimi anni."

Massimiliano - "La novità è che ultimamente abbiamo partecipato ad alcuni bandi e stretto collaborazioni con altre associazioni e gruppi artistici. Quindi, per il 2020 e il 2021 stiamo definendo la realizzazione e la produzione di lungometraggi."

Stefano - "Un notevole passo avanti rispetto al passato. È un’evoluzione in linea con quella che è sempre stata la nostra ambizione fin da quando abbiamo iniziato. Condividere un progetto artistico con altre persone appassionate e permettere un’espressione personale attraverso il cinema." 





Intervista curata da Giulio Muto e Silvia Sanna